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mercoledì 22 giugno 2011

Ci sono momenti nei quali la nostra forza è proprio quella capacità di non riuscire a saltare l'ostacolo. La nostra forza sta nel rimanere fermi ad osservarlo. Guardarlo diventare sempre più piccolo col passare del tempo. E non è lui che diventa piccolo. Siamo noi a crescere. Perchè osservandolo meglio lo conosciamo, ci abituiamo a lui. Non lo temiamo più. Impariamo ad amarlo. A riconoscerne le fini fatture. A capire che quello è l'ostacolo che ci renderà un passo più uomini e meno umani.

Avevo la memoria appannata?
Non riuscivo più a vedere ad un palmo dal naso. Rabbia rancore, quel ruggito selvaggio che nel buio della notte tiene strette le arterie e scaccia felino ogni possibile tentativo del sonno di raggiungermi. Quei morsi all'innocente cuscino. I pugni nel muro. I lunghi silenzi.
Erano riusciti a scacciare l'insana idea di poter condividere parte di me con un essere umano. E mi avevano lasciato nell'angolo più buio e remoto della coscienza a cercare l'assederamento nell'estate della vita.
Era freddo. Era buio. Era triste. Ma non ero solo. La mia anima era con me.
Non mi fa più nemmeno effetto, anche se adesso solo per gioco e menefreghismo,tenere la mano della persona per la quale avrei fatto tramontare sole, stelle e luna. Ero diventato una macchina. Sempre con quello stupido sorriso e la battuta pronta. Ottima per coprire quello che in realtà sto diventando. Ero diventato una macchina, o... almeno lo sembravo da fuori. Ero... Ero...
Un mostro.
Godendo del male altrui. Attirare le anime bianche. Illuderle di poter arrivare a provare qualcosa per loro. Attirarle a me. Ed infrangere i loro sogni appena esse arrivavano nella punta più alta del loro pensar-di-sentire. E sono stato bravissimo in questo. L'unica cosa che non sono riuscito ad infrangere è la purezza di quei cuori. Qualcosa in me lo impedisce. Mi frena. Mi ferma. Qualcosa infilza le sue spine sempre più infondo nella dura pietra, cercando di raggiungere quel po' di carne battente rimasta sul fondo.
Ero ancora li. Era freddo. Era buio. Era triste. Ma non ero solo. La mia anima era con me.
Ma il destino non sa come farsi gli affari suoi. E la mia anima si ruppe. Cadde delle mani di una delle poche persone che ancora riesce a trovare un minimo di carne in quella pietra, tra quelle rovine di un paradiso forse mai esistito. Un amico. Il solo.
E mi ritrovai li. Al freddo. Al buio. Triste. Solo. La mia anima non era più con me.
Ho tentato. Ma non riuscivo più a resistere. Senza un anima non riuscivo più nemmeno a fingere un pizzico di allegria fuori. E farlo mi pesava. Giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto per minuto. Il me veniva fuori. Il buio macchiava la superfice degli occhi vuoti. Ed io mi esponevo. Ho cercato di non farlo. Ma a quanto pare nemmeno la pietra è tanto dura.
E mentre vagavo desolato. Il caso, senza un nonulla da fare, s'è preso la briga di tornare ad aprirmi gli occhi. O almeno ci sta provando. Mi ha dato la possibilità di conoscere un essere umana. O forse più che il fato è stato Colui che lo controlla, anche se guardando ai suoi occhi attraverso i miei non lo merito. Ma questa è un'altra storia.
E non pensavo in questo mese di apatia di poter mai pensare anche lontanamente di tornare nel cerchio della vita. Rirovare paura. Provare rimorso e dolore per il male che ho dato. Riavere un pizzico di coscienza.
Bastò poco.
Forse ero fuori adesso. Il freddo era sopportabile. L'alba accecante. Non ero più solo. La mia anima era di nuovo con me.
Ma qualcosa era cambiato.
Adesso sono cauto. Non riesco a gettarmi a capofitto. Ho sempre paura di fare gli stessi errori. Anche se il primo errore, forse il più grave l'ho capito:
Il Silenzio.
Quel provare senza parlare. Quel battito d'ali nel petto. La metamorfosi del pensiero. Quella forza. Quella spinta. Quel qualcosa che tutto è e può. Non arriverò a tanto in così breve tempo. Non mi fido più degli umani.
Ma se Me se ne darà una possibilità,
forse quella mano è arrivata.
Forse è arrivato il tempo di lasciarsi dietro il buio... Forse...

Ci sono momenti nei quali la nostra forza è proprio quella capacità di non riuscire a saltare l'ostacolo. La nostra forza sta nel rimanere fermi ad osservarlo. Guardarlo diventare sempre più piccolo col passare del tempo. E non è lui che diventa piccolo. Siamo noi a crescere. Perchè osservandolo meglio lo conosciamo, ci abituiamo a lui. Non lo temiamo più. Impariamo ad amarlo. A riconoscerne le fini fatture. A capire che quello è l'ostacolo che ci renderà un passo più uomini e meno umani.

Quell'ostacolo, spesso, siamo noi.


Stò divagando!



"Uomo allo specchio rotto" di Mino Ceretti



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