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mercoledì 31 dicembre 2014

Oggi una domanda mi ha colpito. In effetti non è stata in se la domanda, quanto la risposta che ho dato.
La domanda è la più banale del periodo: Che voto dai a quest'anno?

Ho fatto un po' il riassunto dell'anno nella mia mente. I mesi piatti di apatia, la scossa, il mare, non sto piangendo, le lunghe passeggiate, quella stranissima ed inattesa euforia, quella forza, il primo tracollo, la perdita di peso, i medici, la depressione, la rabbia, la paura, nuovamente la forza, la determinazione, le ore passate con le dita doloranti piegando carta, ogni singolo istante meraviglioso e tutto lo schifo che ho inghiottito.

La risposta: "È stato davvero un anno di merda, non sono mai stato tanto male... Se devo dare un voto, darei 10 e lode... Perché per quanto ne stia soffrendo, non ho mai vissuto tanto in vita mia.

martedì 30 dicembre 2014

Questo è quello che merito...
... dannato Karma.

venerdì 24 ottobre 2014

Quando finalmente si aprono gli occhi, la luce è così intensa, la verità fa male. Alla fine, forse, è troppo tardi per tornare indietro. 

giovedì 7 agosto 2014

Ciao Soffio, 
ho deciso di scriverti, da qui, qualche volta. Per raccontarti qualcosa. Come per parlarti anche se non avrò modo di avere risposta e rimarrà tutto un monologo. È una cosa da malati, vero? Ma in fondo sto vivendo questa strana malattia ormai da sedici giorni. Già, è da tanto che non ci sentiamo, è passato davvero parecchio tempo. Troppo. Immagina lo stupore e lo shock nel vedermi buttato fuori a quel modo. Il tuo tranciare di netto, il tuo tranciarmi di netto. Ti ho visto farlo una volta con lui. Levarlo a forza dalla tua vita. Dicesti che è così che fai con chi non merita di farvi parte. lui è entrato ed io ho preso il suo posto fuori. Mi ha fatto male. Non capivo, non riuscivo a comprenderne il motivo. Come se ti avessi fatto male. L'ho sentito, dentro, mentre lo facevi, e ho sentito che la cosa ha fatto male anche a te. In sogno mi hai detto che l'hai fatto per il mio bene. Il mio bene. Il mio bene. È come un eco sordo, un ricordo distante di affetto e di avvenimenti che non capisco se sono stati solo nella mia testa, nei miei sogni, o se li abbiamo vissuti insieme. In un altra vita magari. Riecheggiano queste parole nella mia testa vuota. Troppo impegnata ad imparare ed interpretare il nuovo mondo in cui mi trovo. In piena quota, libero, capace di fare ogni cosa io voglia fare. Ah, ho eliminato il visualizzatore di ingressi. Semmai, cosa che so non accadrà (immagino tu nemmeno consideri questo blog, o al più immagini io l'abbia cancellato), dovessi venire a visitare il blog, puoi leggere con calma. Io non lo saprò mai. Potremo stare un po' vicino, come abbiamo sempre fatto. Senza imbarazzo, ognuno in compagnia costante dell'altro, finché ne avremo bisogno.
Le giornate passano ripetitive, sto leggendo. Mi ero prefissato di farmi risentire appena il libro fosse finito. Che tu sia per me il coltello. Ma sono stato troppo lento. Poi sono mancato per un paio di giorni, mi è scaduto il contratto, e quella frase dell'equilibrio stabile e quella frase delle virtù e dei peccati su di se.
E quello che un giorno avevo visto per gioco, per prova, si è manifestato come un incubo. Non me l'aspettavo. Onestamente, pensavo che ad un certo punto ci saremmo risentiti. Più calmi, più presenti. Mancano 139 giorni a natale. Mi manchi. Non immaginavo si potesse tanto. Spero davvero che tu possa essere consapevole e felice. Non so più che scriverti per adesso, forse più in la, forse subito, forse mai. No, mai no, non mi piace come parola. Ho ritrovato il mio istinto. È ancora molto debole, ma lo sto lasciando crescere, mi lascio guidare e ammortizzo le cantonate con il carattere e la forza che non sapevo di avere. C'è una cosa che non hai capito in questo periodo: la forza che si nasconde dietro la debolezza di chi ci ama.
Io stesso l'ho percepita solo da qualche giorno. Non ho più ansia ne timori. Cammino a testa alta. Uso essere sincero con me stesso, sempre. Mi ascolto di più. Vivo. Ho trovato una forza intrinseca che ti vorrei mostrare. Mi sono ritrovato ad essere un mulo, ribelle e libero. Libero. Il concetto libero di libertà che avevo abbandonato per un servile senso di gratitudine. Essere vile e servile e non più libero e felice. È stata dura uscirne, ma ho avuto una buona spinta. Spinta che di tanto in tanto mi piacerebbe riabbracciare. Ogni tanto rivivo quell'abbraccio, sull'uscio della tua porta. O il bacio sulla guancia davanti l'ascensore. E quelle ultime parole dietro al vetro. "Devi sorridere, non piangere". Mi sveglio la mattina pensandoti. E solo quando ritrovo la forza riesco. Non sto diventando forte solo dentro. Mi sto fortificando anche fuori. Non riesco a non pensare a come adesso stai ancora, di nuovo, con lui. Non sono affari miei, lo so. Ma se ripensi a quello che ti ha fatto, come puoi? E mentre tu sei immersa nella fusione dei corpi, nella lussuria e la libido. Io mi fondo nel ferro nell'acciaio e nella lava. Ho provato anche a farmi male. Ad andare contro la maggior parte dei principi che mi sono imposto. Molti sono decaduti. Erano inutili. Uno solo è rimasto. Ne abbiamo parlato in macchina, una volta. Fare l'amore senza sentimenti. Come gli animali. Puro e semplice sesso. Il guinzaglio si assottiglia, la bestia tira. Per quanto potrò tenerla ancora a freno. Ho un desiderio matto di fare e farmi male. Come se dovessi punirmi per la sensazione di male che ho dato a te. Sono troppo tragico e melodrammatico. Lo so.
Chiudo qui...

mercoledì 6 agosto 2014

Troppo vociare, ognuno dice la sua, ogni comparsa si atteggia a protagonista, autorizzata dal falso potere della voglia di parlare a vanvera.
Io so, l'ho vista da tutti e due i punti di vista.
Io so!
Per quanto lontano, io lo so. Ti sento.

lunedì 4 agosto 2014

Un legame simile, per quanti imprecisato, è comunque un legame molto, molto, forte.

Come fai a non sentirlo, ad ignorarlo, quando il mio capo della corda vibra e urla come un ossesso nel cuore della notte?

Nessuno pensa a nessuno quando si sveglia al mattino.

Io al mattino Soffio, Soffio impertinente ad ogni pensiero, ad ogni parola, ad ogni gesto, giusto o sbagliato che sia. Soffio quanto più forte i miei polmoni mi concedono, ed ogni giorno questo Soffio cresce, con la mia forza, la mia consapevolezza, il mio essere presente. Soffio scacciando i mali immaginari che mi sono costruito. Soffio scalfendo la dura pietra a petto nudo. Soffio perché ormai è l'unica incessante fonte di certezza. Soffio per essere uomo, Soffio perché imparo a credere in me stesso. Soffio sul controllo che non ho più, al quale ho rinunciato, quell'illusione di poter essere al disopra di ogni altra cosa, poterla dirigere e controllare, io non sono Dio, non sono il mio e non lo sono di nessuno. Io sono ME. E mi accetto finalmente in ogni singola parte, in ogni pazzia e ragione, in ogni frase. Mi accetto e so chi sono. Ho preso consapevolezza, forza... ragione di me.

Mi stupisco, come l'essere umano abbia da gestire il suo tempo centellinato, e con tutto ciò, resto ancora fermo sul ciglio dei binari, aspettando un treno che di certo non tornerà mai più...

Treno che desidero tanto riafferrare ...
... per un Soffio...

venerdì 2 maggio 2014

Ogni tanto la penso ancora. Ho come piccoli pezzi sparsi per la memoria. Come se qualcosa fosse rimasto incastrato nello stipite e la porta sia rimasta incastrata. La tiro con insistenza, ma non si muove. Quando mi soffermo ad osservare il-non-sò-ché la tiene bloccata cado in un tunnel, piccoli particolari diventano ricordi. Dalla punta mi tuffo nell'acqua gelida che mostra l'intero iceberg, ma non riesco ad intravedere la punta. Ed è tanto forte il desiderio di osservare l'estremo più basso di quella montagna gelida che mi diventa del tutto indifferente il freddo. Le punte delle dita iniziano ad intorpodirsi, a dolermi, la bocca si serra nel tentativo di mantenere nei polmoni un aria viziata che non mi appartiene, la stessa che mi sta offuscando e soffocando il cervello, ma non mi importa, voglio scendere. Sempre più giù, superare quei gradini in cui disegnava la prima volta che l'ho vista, passare i ricordi di quell'esitazione nell'avvicinarmi, quel grano al sole, e quindi aggrapparmi alla panchina di marmo, sfogliare quel libro mille e mille volte in cerca di risposte. E stelle, stelle nei vasi, stelle sulle rocce, sul ferro, immagini e segnali nascosti ai più che avevano senso solo per me e forse, in fondo, anche per te. Scendo, scendo ancora sotto vergogne nascoste e incompetenze celate, scendo. Cerco appigli per spingermi sempre più in basso, il desiderio di essere sulla strada giusta, i sorrisi, le risate, la mia incapacità di tenerti, i sogni e la realtà. L'acqua diventa sempre più fredda e buia, la punta è ancora troppo lontana per essere vista. Le mani si spaccano, silenziosamente, senza un gemito. Piaghe sulle gambe ormai inerti. Il buio diventa totale, vado a tentoni. Un ultimo passo e la mano grigia di trasporta via, via dai miei pensieri, via dalla mia memoria. Resta solo un quadro, una sporca riproduzione di tutto quello che la mia mente ha creato e non è riuscita a realizzare, sento la punta infilzarsi pesantemente nelle mie mani. Distrugge ogni sensazione ed ogni realtà. È li, è lei: la fine. Resto qualche minuto a contemplarla, a studiarla, sentirla. Quindi dal me profondo estraggo un blocco di ghiaccio e lo poso sulla punta, ne allungo di qualche centimetro l'estremità, la rendo più robusta e profonda, prima che la mano dell'apatia, dell'insensibilità e della nebbia, che ormai è divenuta mia sorella, si attorciglia alle mie caviglie, e con forza, prepotenza e violenza mi trascina a galla, lontano dalla punta, lasciandomi sbattere ferocemente contro ogni appiglio che avevo usato per l'immersione.
Ho cercato pezzi di lei in ogni persona che ho incontrato. E ho lasciato pezzi di me nel fondo del mio oceanomare, sulla punta di quell'iceberg, fino quasi a svuotarmi del tutto. So che sto sbagliando qualcosa, so però che voglio recuperarmi, anche se non so come fare. E penso e ripenso: "Forse era semplicemente quella sbagliata al momento giusto... e credo che quel momento non sia ancora passato."



lunedì 27 gennaio 2014

Siamo artisti incompresi, nei nostri non pensare momentanei troviamo le nostre più fervide creazioni.
Siamo pittori di sguardi, musicisti di fiati sospesi. Siamo specchi di quello che cerchiamo negli altri e riflettiamo quello che gli altri cercano: un immagine infinita.
Siamo scrittori di infinite scuse mai dette, mai sentite. Pensate.
Siamo attori, interpreti di un noi stesso che conosciamo giorno dopo giorno. Gli sceneggiatori delle persone che ci incontrano, che ci vivono, ci respirano, ci sognano.
Siamo modellatori di fantasie di cera. Sogni di carta. Aeroplanini di pietra.
Nessuno di noi esiste in realtà. Passando ti creano. E crei.
Tu non esisti, tuo padre non esiste, tua madre, le tue sorelle ed i tuoi fratelli, e tutti coloro che ami non esistono. Sono una tua creazione, come tu sei la loro.
Ed essi ti chiamano a se, nel nulla.
Vivi sereno umano, non avrai la concezione del tuo non essere finchè non aprirai gli occhi nella voglia di vivere.
Fino ad allora, sei arte che cammina.
Da allora in poi sarai qualcosa di più...

Aprire gli occhi, alzare la testa, fa male. Il futuro lontano dai rimpianti fa paura a tutti.

martedì 14 gennaio 2014

Ho pensieri blu cobalto. Sensazioni miste.
Passato e presente uniti nel respiro affannato di un sogno.