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venerdì 16 marzo 2012


100x82 - Mauro Saviola

Era una stanza stretta e lunga. L'arredamento in pieno stile Luigi XIV, cupo e sporco. Un camino sulla sinistra alto fino alla spalla interamente in marmo, così come le pareti. Il tappeto riempiva la zona centrale. Nella sala erano sparse decine di ceste piene dei più svariati ricordi. Dal corridoio nessuno si sarebbe aspettato una stanza simile. Gli altri erano andati via, eravamo rimasti solo io e lei: una giovane donna tanto bella ma tanto consumata da apparire vecchia. Le vesti nere, logore. Le mani scheletriche. Rovistava per tutta la stanza alla ricerca di qualcosa. Di qualcuno: sua figlia.
Il moto vorticoso delle mani nelle ceste. Il grattare disperatamente sulle superfici con le unghia rotte ed insanguinate. Cercava, cercava. Cercava. Ma, per quanto forte fosse stato il suo desiderio, per quanto leste fossero state le sue mani, per quanto esasperata fosse stata la sua ricerca. Non l'avrebbe mai trovata. Io sapevo la realtà. Ma non avevo il cuore di dirlo. La porta era ancora aperta. Senza voltarmi uscii dalla stanza e chiusi quella pesante porta di legno scuro. La polvere si raccoglieva sotto lo stipite. Le parole della donna si spegnevano alla chiusura: << dove sei, cuore mio? Dove sei? Dov'è mia figlia?>>
La porta era chiusa.
Forse avrei dovuto dare pace a quell'anima… Dirle che era solo un sogno... 

Ma ciò non dipende da me...

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